Più di duecentomila persone si sono riunite in piazza Syntagma, davanti al Parlamento greco, in uno straordinario raduno di massa per il "no" al prossimo referendum del 5 luglio, seguito all'ultimatum di Unione Europea, BCE e FMI alla Grecia per accettare un nuovo ciclo di misure di cannibalismo sociale o per essere sfrattati prima dall'eurozona (la famigerata "Grexit") e poi dall'UE. Tornano i giorni della storica mobilitazione popolare degli anni 2010-2012, quando per la prima volta la troika UE/BCE/FMI, con il volontario appoggio dei governi greci borghesi, imposero i tristemente noti "programmi di salvataggio" legati al memorandum di misure draconiane di "austerity" per salvare le loro banche affamando il popolo di una Grecia in bancarotta.
Negli ultimi cinque anni, la polarizzazione e la radicalizzazione sociale hanno prodotto un enorme svolta a sinistra, che ha infine portato alla vittoria elettorale della sinistra riformista di Syriza il 25 gennaio 2015, sull'aspettativa che essa avrebbe posto fine all'austerità. Cinque mesi di infruttuosi "negoziati" dell'europeista Syriza con l'ostile troika sono alla fine crollati. Il 22 giugno, un disperato governo Tsipras, sotto il ricatto di condizioni di asfissia finanziaria imposto dalla BCE, era sul punto della capitolazione totale, nel momento in cui si disponeva ad accettare un nuovo programma di austerità, peggiore perfino rispetto ai precedenti che i governi neoliberali del PASOK e di Nuova Democrazia (destra) hanno imposto fra il 2010 e il 2014. Ma all'ultimo momento, il 24 giugno, il FMI ha introdotto negli accordi nuove barbariche misure. In quel momento, i segnali di una capitolazione di Syriza già iniziavano a produrre l'effetto di un vasto malcontento popolare e di una vera ribellione nelle fila della stessa Syriza. Tornando ad Atene il 26 giugno, Tsipras deve affrontare il dilemma di un suicido politico suo e del suo governo oppure, in alternativa, di compiere una nuova svolta. Quindi annuncia che l'ultimatum della troika sarebbe stato sottoposto a referendum, e la sua accettazione decisa dallo stesso popolo greco con un "sì" o con un "no".
Questa svolta causa una vera isteria in tutti i centri del capitale globale: Bruxelles, Berlino e Washington innanzitutto. I leader delle istituzioni imperialiste esprimono la loro ira chiedendo ai greci di votare "sì" e di cambiare governo. I collaboratori della troika in Grecia, i partiti dell'opposizione borghese (incluso il nazista Alba Dorata) mettono in scena una reazionaria mobilitazione anticomunista della classe media, chiamata "Stiamo in Europa", che risveglia i ricordi del Cile di Allende nel 1973.
Lo stalinista Partito Comunista di Grecia (KKE), vergognosamente, boicotta il "no" al referendum, sostenendo che un no alla chiara e diretta domanda "Accetti i termini di UE/BCE/FMI, sì o no?" significherebbe indirettamente... un sì al piano di austerità del governo. Stampando e distribuendo una scheda elettorale con il nome del Partito Comunista e i suoi slogan (ovviamente non valida, e quindi considerata nulla), gli stalinisti promuovono un "astensionismo" a tutto favore dei partiti capitalisti e del sistema.
Il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (EEK), nonostante critichi le politiche di collaborazione di classe e di adattamento all'Unione Europea di Syriza così come l'intera logica dei falsi "negoziati", sta attivamente facendo campagna per il "no" al referendum, avanzando allo stesso tempo un programma transitorio di cancellazione del debito, nazionalizzazione delle banche sotto il controllo dei lavoratori, riorganizzazione dell'economia su nuove basi socialiste, rottura con l'Unione Europea imperialista e unificazione socialista europea.
Oggi abbiamo partecipato, sotto le nostre bandiere, a questa enorme manifestazione in piazza Syntagma, e organizzeremo un raduno davanti alla vecchia università per mercoledì 1 luglio, il giorno successivo al termine finale del pagamento di 1,5 miliardi all'FMI. Altre assemblee pubbliche dell'EEK si terranno nei prossimi giorni in tutte le città greche. Il segretario dell'EEK, Savas Michael-Matsas, ha rilasciato oggi un'intervista al principale notiziario radiofonico dell'ERA presentando le posizioni e l'analisi del partito trotskista e criticando il tentativo del governo di usare il referendum come carta negoziale per un'impossibile ricontrattazione con l'UE. Il maggior quotidiano pro-Syriza, Efsyn, ha pubblicato la risoluzione del Comitato Centrale dell'EEK sul referendum.
Un nuovo capitolo della crisi capitalista mondiale esplosa nel 2007-2008 si è aperto. La resistenza popolare greca, che ha imposto il referendum sull'ultimatum imperialista, ha già prodotto uno tsunami globale in tutti i centri finanziari, e ha portato il panico fra gli stessi imperialisti, che sono all'opera per cercare di realizzare un colpo di stato postmoderno allo scopo di stabilire ad Atene un governo di fiducia di servili tirapiedi. Merkel, Junker, Hollande, il Presidente del Parlamento Europeo Schulz, i leader socialisti europei, stanno intervenendo senza mezzi termini, quotidianamente, per chiedere la vittoria del "sì" e il "regime change".
Questa è guerra di classe. Nonostante le difficoltà, la confusione, il panico causati dal "corralito" greco imposto dalla BCE, stiamo lottando con tutte le nostre forze, con tutto il nostro impegno, con tutta la nostra fiducia in una vittoria finale della classe lavoratrice nello scontro infinito fra rivoluzione e controrivoluzione.