Quinto giorno. Venerdì 3 luglio
La più grande manifestazione di massa che Atene abbia mai conosciuto dalla caduta della dittatura nel 1974 ha avuto luogo oggi, ultimo giorno della campagna per il referendum del 5 luglio, ed è stata la manifestazione per il "no" all'ultimatum della troika. Era paragonabile, se non anche più grande, alla manifestazione del 12 febbraio 2012. Quella manifestazione fu convocata contro il PSI (Private Sector Involvement), l'haircut del debito estero in particolare verso i prestatori privati, combinato con le nuove misure draconiane d'austerità portate avanti dal governo extraparlamentare di Papademos, imposto arbitrariamente alla Grecia dall'Unione Europea nel novembre 2011.
Nel 2012 circa un milione di persone si riunirono a piazza Syntagma e nelle strade dei dintorni, ma la sera stessa, dopo le 18:00, vennero presto disperse da un'offensiva brutale e senza precedenti dalla repressione della polizia antisommossa, che ricorse a grandissime quantità di sostanze chimiche contro i manifestanti. Questa volta, le masse - in gran parte giovani - hanno continuato ad affluire in piazza Syntagma fin quasi alla mezzanotte. Per spostarsi dall'uscita della metro Syntagma al punto di ritrovo in cui l'EEK si era dato appuntamento nella piazza, una distanza di non più di un centinaio di metri, ci è voluta circa un'ora. Il contemporaneo raduno delle forze pro-UE dell'"Euromaidan greca", allo stadio, era di almeno quindici volte più piccolo; un dato di fatto che anche la radio pubblica tedesca Deutsche Welle ha dovuto ammettere. È stato un grande colpo per il vasto "fronte unito" reazionario messo insieme dalla troika imperialista, dai media internazionali e da quasi tutte le forze borghesi della stessa Grecia, inclusi tutti i falliti Primi ministri degli ultimi vent'anni (Kostas Mitsotakis, Kostas Simitis, Kostas Karamanlis, George Papandreou, Papademos). Si stanno mettendo in campo risorse gigantesche per la campagna di propaganda del "sì" e contro il governo attuale, da rovesciare e rimpiazzare con un servile governo fantoccio di "unità nazionale".
Vari motivi mi hanno impedito di recarmi a Patrasso, oggi, per un'altra manifestazione dell'EEK in difesa del "no" (sono stato sostituito da un altro compagno). Ho pertanto potuto partecipare personalmente ad un avvenimento storico, esperienza unica nei miei decenni di impegno personale nel movimento operaio e nella sinistra, compresi i miei 45 anni nell'EEK.
Non si tratta solo dell'imponenza impressionante della manifestazione, ma prima di tutto della sua qualità politica, che mostra la sua importanza nella battaglia per il referendum e per ciò che seguirà, a prescindere dal risultato.
Fino a ieri sera tutti pensavano che l'inedita campagna nazionale e internazionale di intimidazione e disinformazione avesse finalmente raggiunto il suo scopo: una maggioranza di "sì", almeno secondo i sondaggi. Perfino dentro Syriza e An.El. c'era chi, pentito, voleva la cancellazione del referendum, come tutti i leader del capitale finanziario globale chiedevano. Perché tanta paura di una procedura elettorale piuttosto comune nella morente democrazia parlamentare europea?
Non hanno paura del perennemente debole e vacillante governo Tsipras, che fino all'ultimo ha implorato un accordo sui termini dell'austerità. Ciò di cui le istituzioni imperialiste e le classi dirigenti europee e greche hanno paura è che proprio questo referendum, in aperta sfida alla troika, possa dare inizio ad una rinnovata esplosione delle masse popolari della Grecia nell'arena della storia. Ad ogni modo, solo una settimana prima della decisione, Tsipras dichiarò che era contrario al referendum o alle elezioni anticipate. Il referendum non è quindi stato in primo luogo una manovra, bensì il risultato di una pressione dal basso. È stato imposto non dalla cosiddetta ala sinistra di Syriza nel suo Comitato Centrale, ma dal malcontento popolare e dalla rabbia contro le continue concessioni del governo greco e la crescente arroganza di FMI, BCE e UE.
Il governo, ovviamente, dice che utilizzerà la vittoria del "no" per nuovi negoziati, il cui contenuto la troika ha già rifiutato senza appello. Il fattore imprevedibile è stato ancora una volta quello delle masse lavoratici in lotta come protagoniste del cambiamento storico.
Dai tempi di Spinoza, sappiamo che la paura è un metodo essenziale, indispensabile al dominio di classe. Ma questo metodo ha i suoi limiti, come molti dittatori hanno avuto modo di scoprire, lo Zar Romanov più di ogni altro. Il primo e più efficace strumento di intimidazione è stata la chiusura delle banche, dopo la brusca decisione della BCE di tagliare la linea di salvezza dei fondi di emergenza (Emergency liquidity assistance) alle banche greche - decisione che è la causa diretta delle lunghe code di pensionati ai bancomat.
Ci sono ancora dei settori piccolo-borghesi che hanno paura di perdere quel poco che rimane loro, e conservano una fede superstiziosa negli "dei caduti" dell'UE e dell'euro. Questi settori sono oggetto di abuso da parte delle classi dominanti, che hanno rispolverato tutto il vecchio anticomunismo e tutti gli spettri della guerra civile, mentre ne preparano una nuova. Esse condannano i "comunisti" al governo e nello stesso tempo fingono di provare ad evitare una nuova guerra civile, per ottenere la pace sociale e l'"unità nazionale" fra i macellai e le loro vittime.
Ma la grossa parte della popolazione impoverita della Grecia non ha più nulla da perdere. Non a caso, ieri, i compagni dell'EEK di Larissa sono riusciti ad organizzare un combattivo corteo di cinquemila partecipanti. Insieme ad altri compagni della "Carovana di lotta e di solidarietà" (un movimento partito dagli operai della VIO.ME e dai lavoratori della tv-radio ERT3, entrambe occupate per due anni e gestite direttamente dai lavoratori), hanno marciato con una bandiera dell'EEK al grido di "tutta la produzione e tutto il potere ai lavoratori", ed esponendo il famoso detto di Walter Benjamin «solo per chi non ha più speranza ci è data la speranza».
La paura coltivata dai governanti può a volte essere trasformata, e diventare un boomerang contro di loro. Dopo cinque anni di discesa all'inferno, gli strati più oppressi e più combattivi dei lavoratori e dei disoccupati, soprattutto delle giovani generazioni, intraprendono la strada di una nuova ribellione, il passaggio verso una rivoluzione sociale.
La grande maggioranza dei manifestanti di piazza Syntagma era composta da giovani, principalmente senza lavoro e senza speranza di trovarne. Un segnale per un futuro rivoluzionario, che arriva sempre inaspettato.
A luta continua!