Alexis Tsipras ha vinto clamorosamente la propria scommessa. Ha voluto precipitare le elezioni per capitalizzare la popolarità della propria figura e salvarsi dal fallimento della propria politica. Prima che le masse potessero verificare sulla propria pelle i costi sociali del memorandum siglato. L'operazione è riuscita oltre ogni previsione. Syriza ha conservato quasi immutata la propria percentuale di voto. Unità Popolare ha fallito l'approdo in Parlamento. Tsipras può rifare un governo fotocopia a braccetto col partito reazionario Anel (con un abbraccio a Kammenos esibito subito sul podio) disponendo di un gruppo parlamentare più disciplinato. Più disciplinato... a cosa? Naturalmente al rispetto del terribile piano di austerità e sacrifici dettato dai creditori e sottoscritto da Tsipras.
I Vendola, i Ferrero, gli Iglesias, che oggi plaudono entusiasti all'amico Alexis, sperando di racimolare qualche voto in casa, si trovano in curiosa compagnia. “La vittoria di Syriza rassicura le Borse” recita La Repubblica, guardando i listini festanti. Non è un caso. I circoli capitalistici europei, senza eccezione, salutano positivamente la vittoria di Tsipras. Junker si congratula col vincitore. Hollande brinda al successo di Syriza, nel nome della “sinistra europea” e della “stabilità europea”. Persino il Presidente della commissione esteri del Bundestag (Norbert Roettgen), protesi di Merkel, giudica “molto positivo” il risultato greco: “Tsipras primo, Nea Demokratia secondo, hanno creato un saldo bipolarismo” dichiara compiaciuto. Il Corriere della Sera (di Banca Intesa) saluta la nuova stagione di “continuità e stabilità” che il voto greco propone “alla Grecia e all'Europa”.
Proprio così. “Continuità e stabilità”: questo cercava e cerca il capitale finanziario in Grecia. Il trionfo di Syriza del 25 Gennaio, sottoprodotto di una lunga stagione di lotte sociali, lo inquietava. I circoli dominanti conoscevano naturalmente la volontà compromissoria di Tsipras, già esibita e promessa in mille conciliaboli, ma temevano la sua difficoltà di subordinare al compromesso le grandi masse e di disciplinare un partito riottoso. La vittoria di Tsipras il 20 Settembre, dopo la certificazione del memorandum, ha una valenza del tutto diversa. È il miglior risultato che il capitale finanziario potesse attendersi. Paradossalmente un successo di “Nuova Democrazia” ai danni di Syriza avrebbe potuto introdurre - quello sì - una nuova stagione di convulsioni politiche: con una Syriza costretta all'opposizione, un nuovo spazio di ripresa dell'opposizione di massa, un quadro politico basato nuovamente sulla fragilità di vecchi partiti screditati. Invece l'attuale successo di Tsipras, con una percentuale piena, un gruppo parlamentare omogeneo, l'eliminazione dal Parlamento stesso dei suoi contestatori a sinistra, configura un baricentro politico e istituzionale stabile. La risicata maggioranza parlamentare non preoccupa, perché tutti i partiti borghesi di “opposizione” si sono impegnati a continuare a votare a fianco di Tsipras le misure lacrime e sangue contro i lavoratori greci. E del resto chi meglio di Alexis, col suo comprovato carisma, potrebbe fare da calmiere della rabbia sociale che l'applicazione pratica di quelle misure innescherà presso i settori di massa colpiti?
Ma coloro che parlano di “partita finita” in Grecia confondono la realtà coi propri desideri.
Certo, Tsipras ha oggi capitalizzato elettoralmente la popolarità della propria immagine e la stanchezza di un popolo stremato. Ha perso mezzo milione di voti verso sinistra o verso un'astensione sfiduciata, ma ha raccolto l'essenziale. “Ho capito che non ci sarà da attendersi molto per il futuro, ma è meglio mettere alla prova questo giovane onesto che affidarsi nuovamente alle vecchie cariatidi corrotte del passato”: così ha ragionato grosso modo il lavoratore greco che ha votato per Tsipras. Unità Popolare, col suo messaggio riformista nazionalista pro-dracma, gli è apparsa un'improvvisazione poco credibile. La sinistra rivoluzionaria era ai suoi occhi troppo debole. Una massa stanca dopo otto anni di lotte si è dunque affidata a Tsipras più che al suo partito e alla sua politica. E Tsipras investirà questo affidamento popolare in una stabilizzazione del proprio governo, con un probabile successo immediato, a beneficio dei creditori. Ma la ruota della storia non cessa mai di girare. Già i prossimi mesi scandiranno, uno dopo l'altro, tutte le voci del memorandum: a ottobre sarà varato l'aumento dell'età pensionabile, poi scatterà la eliminazione dei sussidi per le pensioni più povere, poi verrà l'aumento di prezzo dei beni alimentari, poi inizierà il grande rilancio delle privatizzazioni a vantaggio dei creditori strozzini che compreranno la Grecia a prezzi di saldo, poi... Quattro anni di austerità sono lunghi. Tanto più lunghi per un popolo ridotto all'indigenza e per una economia già collassata (quasi -30% di PIL in otto anni). Le resistenze sociali riprenderanno. L'immagine di Tsipras scolorerà, in un lungo inevitabile logoramento. Nuovi varchi si allargheranno, prima o poi, per il rilancio dell'opposizione di massa. Ogni fatto o esperienza, piccola o grande, proverà che l'unica soluzione vera, l'unica vera alternativa per i lavoratori greci, o è anticapitalista o non è. Mentre il consolidamento di Alba Dorata a destra ricorda che una mancata alternativa anticapitalista può aprire varchi alla peggiore reazione.
Il problema di fondo si ripresenterà dunque immutato: come costruire un partito rivoluzionario all'altezza di questa verità. I nostri compagni greci dell'EEK (Partito rivoluzionario dei lavoratori) saranno in prima fila nella costruzione di questa impresa. L'unica che può dare un futuro ai lavoratori.